La fallacia dell'attivista

Siete pratici di 'fallacie'? Potete cercare sul dizionario ma ecco una mia definizione minima:

Errore logico in un argomento.

Ad esempio, affermare: "nessuno ha mai dimostrato che gli unicorni non esistono, quindi esistono" è una fallacia. Dal fatto che non sia stato dimostrato che non esistono non segue che essi esistano.
Di fallacie si iniziò a parlare dal tempo degli antichi greci e, nel corso dei secoli, ne sono state individuate di molti tipi. Ognuna ha ricevuto un nome, tipicamente in latino, e si può trovare molta informazione in merito su internet. Ad esempio, Wikipedia potrebbe essere un buon inizio per documentarsi: https://it.m.wikipedia.org/wiki/Fallacia.
In questo post vorrei parlare di una fallacia estremamente comune in ogni tipo di argomentazione. Si può quasi dire che in misura maggiore o minore viene commessa in ogni argomento.
La fallacia in questione è molto simile ad una fallacia che  in inglese si chiama 'cherry picking'. In italiano questa fallacia viene tradotta come la 'fallacia di evidenza incompleta'. La traduzione letterale di 'cherry picking'' in italiano è 'scegliendo ciliege'. Come chi sceglie ciliege sceglierà solo le migliori, chi commette questa fallacia sceglie solo le informazioni, le evidenze che gli interessano, quelle che tendono a dimostrare la propria tesi, scartando quelle meno favorevoli che dimostrano altro. Il nome italiano è eloquente; quando si commette questa fallacia non si presentano tutti i dati disponibili, ma solo quelli a proprio favore. Insomma, non la si dice tutta.
Un esempio tipico di questa fallacia sono quei casi in cui qualcuno presenta i risultati di uno studio scientifico e, nel farlo, seleziona solo i dati che servono a dimostrare una certa tesi sorvolando su quelli che la mettono in dubbio. Possiamo facilmente immaginare lo scienziato che, in malafede, per interessi personali o pressato dal proprio finanziatore per ottenere determinati risultati, scorre la lista di tutte le evidenze raccolte durante i suoi studi ed esegue una cernita con un preciso obiettivo in mente. "Questa la tengo perché dimostra la nostra tesi", "questa la scarto perché la indebolisce, "questa la evito perché mette in dubbio la tesi", e così via.
La fallacia che voglio descrivere è molto simile ma è qualcosa di più ampio. Il 'cherry picking' mi dà l'idea di un atto informato e deliberato. Informato perché chi lo compie ha a disposizione le informazioni, positive o negative che siano, sulla materia in esame, e deliberato perché le informazioni che non piacciono vengono escluse con cognizione di causa.
Nella vita comune la situazione è diversa. Dibattendo tra amici o sui social networks su temi politici, etici, morali o sociali, credo sia evidente che la maggior parte di noi non argomenta avendo davanti tutti i dati che descrivono la materia in oggetto. Molto spesso gli argomenti usati per sostenere una qualche tesi non si curano affatto di svicerare tutti gli aspetti della questione. Tutt'altro. Spesso chi dibatte si basa su un sotto-insieme​ alquanto ridotto dei dati disponibili e facilmente ottenibili sulla materia o, addirittura,  su nessun dato. Nonostante questa carenza di dati, le opinioni sono forti e sostenute con convinzione. La mancanza di fonti non sembra diminuire la forza delle opinioni espresse, al contrario, sembra rafforzarle. Com'è possibile questo apparente paradosso?
Questa modalità di argomentare, presentando solo una parte di quanto è conosciuto sulla materia senza preoccuparsi minimamente della mancanza di completezza nei proprio argomenti, può essere vista come un tipo di fallacia, che chiamo la "fallacia dell'attivista".
Cos'è un attivista? La descrizione spicciola di attivista è di una persone che si impegna per una qualche causa. Credo che tutti siano entrati in contatto attraverso i mezzi di comunicazione o in modo diretto di qualche azione di attivismo: che siano gli attivisti di greenpeace che cercano di salvare le balene dagli arpioni o le marce per proteste politiche, l'attivismo è parte della nostra vita. Una visione alternativa e più utile a questa discussione  di 'attivista' potrebbe essere: soldato di una guerra ideologica. Questa visione risalta l'aspetto oppositivo e combattivo dell'attivismo. Infatti, l'attivismo si rende necessario quando si cerca di smuovere convinzioni monolitiche, stratificate nella società. Se la situazione è fluida, in evoluzione e il cambio e facile da ottenere, probabilmente l'attivismo non è necessario. Quando invece ci si oppone ad un solido 'muro' ideologico è necessaria maggiore contundenza nella propria azione se si vuole sperare di scalfirlo in qualche modo. L'attivismo ha speranze di successo solo se è in grado di massimizzare la forza delle proprie idee. Per far ciò utilizza alcuni strumenti dialettici ben noti: semplificazione e pensiero dicotomico. In altre parole, idee ridotte a slogan e una visione del mondo che classifica tutto in opposti ben definiti: bene e male, buono e cattivo. Questo sistema è efficace per la battaglia attivista​ ma non è gratuita. Nella sua foga dialettica, il cui unico scopo è vincere la propria battaglia per la 'giusta causa', l'attivista sacrifica la completezza dell'argomento, il rigore logico e in ultimo, la verità. Ebbene sì, la priorità dell'attivista è vincere la causa, tutto il resto è secondario. A questo punto però, l'attivista si trova in una posizione scomoda. Da una parte sa, a livello intuitivo, che per dare forza ai propri argomenti, semplicità e pensiero dicotomico lo obbligheranno a sorvolare sui dettagli e dati veri ma scomodi, dall'altro la propria coerenza personale gli rende difficile perpetrare tali 'raggiri'. A nessuna persona che abbia a cuore la verità piace nasconderla. Come può l'attivista risolvere questo problema? Come può contribuire al massimo alla 'giusta causa' e allo stesso tempo mantenere il rispetto di se stesso quale persona integra ed intellettualmente onesta? Semplice, commette la fallacia dell'attivista.
Diversamente dalle fallacie classiche che vengono commesse solo nel momento in cui si dibatte, la fallacia dell'attivista viene commessa a monte, nell'approccio al dibattito, nella visione che si ha della materia. L'attivista presenta un visione parziale delle cose, non perché abbia escluso deliberatamente alcune informazioni, ma piuttosto perché non si cura di cercare tali informazioni ostili alla propria causa. E se vi si imbatte le derubrica molto spicciamente a falsità. L'attivista si informa da fonti allineate con il proprio pensiero. Leggerà libri, riviste e quotidiani che tenderanno a rafforzare le proprie convinzioni. Le opinioni opposte alle proprie vengono liquidate come irrilevanti, false, o provenienti da fonti non attendibili.  La completezza della visone sul tema e l'obiettività del giudizio non sono lussi che l'attivista si possa permettere.
Alla ora di dibattere l'attivista difenderà le proprie ragioni presentando una visione parziale della materia eppure, completa e coerente rispetto al proprio bagaglio culturale e la propria posizione morale. L'attivista non mente, semplicemente ignora ciò che non gli conviene. E quando gli si fa notare che il suo racconto della realtà e lacunoso, si difende con argomenti del tipo: "quello che dicono gli altri sono menzogne", "vi diciamo quello che gli altri non vi dicono" oppure, "gli altri fanno lo stesso". Ossia la parzialità viene trasformata in virtù.
Alcuni esempi dalla vita reale aiutano a spiegare come la fallacia dell'attivista venga commessa.
Ho assistito alla presentazione del film 'PIIGS' con la presenza in sala di uno dei registi il quale ha presentato il film prima della proiezione. Il film racconta la storia dell'euro, suggerendo in modo deciso che sia il colpevole della crisi di questi ultimi anni. Tra le varie cose che ha detto il regista, ha voluto fornire una giustificazione per l'assenza nel film di qualsiasi voce avversa alla tesi proposta. Insomma, si è comportato come un attivista ben conscio di aver commesso la fallacia dell'attivista ed ha cercato di prevenire la critica che sa arriverà. La sua giustificazione e stato un classico: "la versione opposta la sentite tutti i giorni in TV a reti unificate". Ossia, qui diamo una versione completamente di parte ma è OK perché gli altri sono più potenti e fanno lo stesso. Il film ha poi confermato in pieno la premessa del regista: una cernita accurata di materiale che dimostra quanto più possibile la tesi del film e assenza totale di opinioni opposte. Storia congegnata in tutto e per tutto a dimostrare la tesi di fondo.
Un secondo esempio, più subdolo, l'ho avuto sempre da attivisti no-euro, durante una presentazione di introduzione alla macro-economia organizzato da loro stessi. Dopo aver spiegato il funzionamento dello stato, l'oratore è passato a spiegare il funzionamento della finanza. La presentazione era rivolta ad un pubblico generalista e non si richiedeva alcuna conoscenza previa. Insomma, l'oratore stava per spiegare cosa fosse la finanza ad un pubblico che si poteva supporre non ne sapesse nulla. La definizione fornita dall'oratore si è accuratamente limitato a quei prodotti finanziari che sono poi stati la causa della infausta crisi dei mutui subprime negli USA. In altre parole, per chi non ne sapesse nulla è stata presentata l'equazione: finanza = causa della crisi del 2008. E nient'altro. All'obiezione che la finanza fosse molto di più  di quanto esposto,  as esempio, un mutuo per comprare una casa o un finanziamento per comprare un'auto o l'assicurazione della casa, l'oratore ha fornito due giustificazioni. In primo luogo ha sottolineato chiaramente come nella sua definizione non vi fossero falsità od errori. Ed era vero. I mutui subprime che causarono l'enorme bolla immobiliare americana erano prodotti finanziari. E la descrizione fornita di tale prodotti era stata chiara e precisa. Questa reazione dell'oratore è tipica. Come detto, ad ognuno sta a cuore la propria onestà intellettuale. Precisare immediatamente che non si è detto nulla di falso è la prima linea di difesa. Ed è anche molto efficace. Infatti l'incompletezza di una argomento è una pecca di gran lunga minore rispetto alla falsità o all'incorrettezza. Se si stabilisce che si è detto il vero, spesso, per un pubblico che già di suo tende verso le stesse posizioni dell'orarote, è una difesa più che sufficiente. In secondo luogo l'oratore ha ammesso con strabiliante candore che stava semplicemente commettendo la fallacia dell'attivista. Ha detto qualcosa del tipo: "do questa definizione proprio perché sto cercando di arrivare ad una certa conclusione'. Una spettacolare ammissione di parzialità che subordina la descrizione della realtà alla visione che di essa si vuole avere. È evidente che procedendo in questo modo, ossia, partendo dalla conclusione ed individuando nella realtà che ci circonda solo ciò che conferma la propria tesi, non si rischia di sbagliare. Le prove confermeranno sempre la teoria. Per Il semplice motivo che le prove sono state accuratamente selezionate.
Bene, direte voi, tutto molto bello ma non mi tange in alcun modo perché io non sono un attivista e tantomeno lo sono i miei conoscenti. Non proprio. La fallacia dell'attivista ci impatta in due modi importanti. In primo luogo impatta la nostra vita di tutti i giorni. L'attivismo è il caso esemplare e perfetto per questa maniera di affrontare la realtà, da qui l'averlo scelto per nominare e illustrare la fallacia, ma in realtà, in misura minore, quest'errore logico viene commesso continuamente. Nella vita di tutti i giorni, siamo chiamati continuamente a fornire giudizi su tutto quanto ci circonda. Che sia sul lavoro, tra amici o in famiglia, per il semplice fatto che interagiamo con cose o persone, dobbiamo continuamente decidere cosa fare o non fare, cosa dire o non dire. Questi continui giudizi dovrebbero seguire  un processo logico che massimizzi la qualità delle nostre scelte. Ossia, raccolta di dati sulla realtà, analisi dei dati, sintesi di un giudizio dall'analisi di tali dati. Ahimè, la natura umana non è così metodica. La fallacia dell'attivista è sempre in agguato. Studio dopo studio dimostra che i nostri giudizi sono molto più 'di pancia' di quanto non crediamo. Tali giudizi sono rapidi, impulsivi e vengono formulati molto prima che il nostro più lento raziocinio abbia l'opportunità di ponderare o analizzare alcunché. Quando la parte più razionale del nostro cervello arriva sulla scena, il nostro intuito ha già formulato un giudizio. Studi dimostrano che è molto improbabile che la nostra razionalità modifichi il giudizio impulsivo. Al contrario, pare che il raziocinio si metta al servizio del nostro intuito costruendo giustificazioni logico/razionali per le decisione che sono state prese in una frazione di secondo. Questo processo avviene perché ognuno di noi deve in qualche modo difendere la propria reputazione di persona logica, riflessiva, non dominata dagli impulsi. Ebbene​, la fallacia dell'attivista può essere descritta come uno di questi processi che, a posteriori, danno un abito razionale alle nostre scelte 'di pancia'. L'attivista di greenpeace non trae la propria risolutezza dai discorsi più o meno logico che formula se intervistato, ma dalla rabbia e il diagusto impulsivi che gli provoca lo scempio dell'ambiente. I discorsi logici sono spesso una costruzione a-posteriori.
Il secondo modo in cui la fallacia dell'attivismo entra nella nostra vita è attraverso l'attivismo stesso, quello vero. Ormai, grazie ai mezzi di comunicazione, soprattutto internet e i social networks, gli attivisti riescono a far sentire la loro voce sempre di più. Il loro seguito ormai si estende al grande pubblico, ossia noi tutti. Basta pensare alle ultime tornate elettorali, o ancora meglio, ad uno degli ultimi referendum per capire come gli attivisti del NO o del SÌ fossero di fatto i detentori del dibattito pubblico.
Ed è proprio grazie alla fallacia dell'attivista che si verifica uno degli effetti più dannosi nel dibattito pubblico: la creazione di bolle attiviste, la separazione del pubblico in compartimenti stagni senza possibilità di influenzarsi vicendevolmente. Infatti, la fallacia dell'attivista permette la creazione, il mantenimento e il prosperare di sottoculture consistenti e inattaccabili, basate su fatti veri, dimostrati, ben esposti e che si sostengono a vicenda. Infatti, la compartimentalizzazione avviene alla fonte, a livello degli autori di libri, riviste e blog. Tali risorse vengono accuratamente mondate da qualsiasi dato, opinione che possa far sorgere seri dubbi. Qualsiasi dato contraddittorio che appaia in tali fonti viene scelto per la sua debolezza in qualche rispetto: facilmente falsificabile o facilmente questionabile, chiaramente di parte oppure fondamentale innocuo. Attingendo a queste fonti compartimebtalizzate si può tranquillamente vivere in un mondo di verità consistenti ben corazzati contro eventuali critiche. È inoltre un processo che si autoalimenta. Gli autori attivisti sono gratificati dal ritorno in pubblico e il pubblico apprezza gli argomenti basati su sufficiente solidità logico/scientifica per sostenere le loro opinioni che sono spesso 'di pancia', come detto più sopra.
Spero sia chiaro il problema che la fallacia dell'attivista pone. Queste bolle di verità e consistenza sono, appunto, fallaci. Costruite e mantenute grazie alla visione parziale della realtà di cui ho discusso sopra.
Tutto bene direte voi. Ognuno ha la propria versione della storia e, finché il confronto è pacifico, dov'è il problema? Forse è così, ma credo che questo sistema mantenga tutti distanti dalla verità  che rimane così abbandonata, e quindi manipolabile, in una terra di mezzo quasi disabitata.
Come difendersi dunque contro la fallacia dell'attivista? Non è un compito semplice. I temi più 'caldi' dibattuti sui mezzi di comunicazione e social networks sono dominati dalle posizioni nette e parziali degli attivisti. Purtroppo anche leggendo più fonti dai due fronti non è facile ottenere una visione equilibrata della situazione. La somma di due opinioni faziose non è un'opinione imparziale ma semplicemente​ due opinioni faziose. La sintesi potrebbe venire da quegli autori imparziali che si sforzano di mantenere un'obiettività di fondo ma, mi pare, il seguito di tali posizioni è basso rendendole quindi poco appetibili per gli autori stessi. Il pubblico pare apprezzare molto di più le opinioni forti e nette, possibilmente controcorrente. Cosa fare dunque? Sforzarsi di consultare fonti opposte, considerarle con quanta più obiettività possibile e, se si ravvedono spunti validi o si notano omissioni di dati importanti nelle fonti schierate che si leggono di solito, farli notare agli autori. Mi rendo conto che quest'operazione significa diminuire la forza delle opinioni attiviste e quindi la speranza che abbiano un impatto, ma le avvicina di più alla realtà delle cose e nel lungo termine tutti ne traiamo beneficio.
Bene, questo è quanto avevo da dire sulla fallacia dell'attivista. Se però chiudessi qua il post commetterei una fallacia grave; la fallacia dell'attivista. In un certo senso infatti ho criticato in molti modi l'attivismo stesso. Per compensare devo chiedermi: quali sono le cose buone dell'attivismo? Bhe, moltissime. In un certo senso, la stragrande maggioranza dei progressi sociali della storia sono stati ottenuti grazie al lavoro di moltissimi attivisti che, spesso a rischio della loro stessa incolumità, hanno combattuto per le loro idee. E tanta dedizione che ha poi prodotto così grandi risultati sono stati ottenuti proprio grazie a forzature logiche come la fallacia dell'attivista. Purtroppo, lo stesso meccanismo può essere usato per perseguire fini meno nobili e per combattere battaglie sbagliate. Per questo bisogna è importante parlarne.

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